Meglio rivelarlo subito: il tema di questa ottava edizione di Passaggi Festival, “Leggere per ricordare, comprendere, costruire” non è quello che avevamo pensato prima dell’epidemia. La parola chiave individuata non era “leggere”, bensì “identità”. Poi, dopo il termine del lockdown, abbiamo ragionato su ciò che era accaduto. Ci lasciamo dietro un tempo strano, fatto di difficoltà, di incertezze, ma soprattutto fatto di una lunga, estenuante, a volte stressante, preoccupata attesa.
Ecco ‘attesa’ è la parola chiave del tempo che abbiamo vissuto, ma contemporaneamente ‘attesa’ è anche la motivazione e la parola chiave di ogni lettura.
L’attesa del lettore, innanzitutto. L’attesa per come finirà un romanzo, l’attesa di terminare un saggio e comprendere appieno un fatto storico. E poi l’attesa del personaggio letterario: l’attesa del commissario Maigret incerto sugli indizi che ha davanti, l’attesa angosciata del naufrago Robinson Crusoe che si interroga su dove sia finito, l’attesa di Odisseo alla ricerca della rotta verso Itaca, l’attesa infinita del Conte di Montecristo rinchiuso nella prigione del Castello d’If o quella snervante e surreale di Joseph K davanti a un processo in cui non sa di cosa sia accusato.
Qui, invece, nel periodo di isolamento, ci siamo trovati a vivere un’attesa vissuta sulla nostra carne, un’attesa di dolore, a volte perfino di morte, quasi sempre di paura.
Ci sono state, dunque, negli stessi giorni dell’epidemia, due attese. Una contro l’altra. E l’attesa letteraria ci è servita per contrastare quella reale, che abbiamo vissuto con trepidazione, nervoso, stress. E qui è stata la salvezza del lettore nei confronti di chi lettore non è. Il lettore ha avuto dalla sua un’arma pacifica e potente: il libro. Chi non legge, si è trovato immerso nell’attesa imposta dalla malattia dilagante. Chi legge, ha opposto all’attesa della l’attesa della lettura.
Ragionando sull’ambiguità della parola ‘attesa’, è nato il tema dell’edizione: leggere, il verbo migliore per esprimere il tempo trascorso. Leggere ha rappresentato la nostra salvezza. Chi ha avuto la forza, la voglia, la capacità di leggere, ha avuto una carta in più. Abbiamo letto per vivere altrove, per fuggire ai numeri dell’epidemia, per sognare, per evadere senza violare leggi e dpcm. Oggi dovremmo leggere anche per comprendere meglio il presente e progettare il futuro, senza l’illusione di affidarci alle “magnifiche sorti e progressive”, ma con la consapevolezza che nei libri possiamo trovare, magari qua e là, magari ogni tanto, quella forza e quella speranza che ci consentono di superare le asperità. Leggere è sempre una condizione di libertà, o perché ci libera dal presente o perché ci aiuta a costruirne uno migliore; a volte serve per fare entrambe le cose, ed è ciò di cui avremmo bisogno oggi.
Giovanni Belfiori direttore Passaggi Festival della Saggistica